Fibrosi Polmonare Idiopatica


Vai ai contenuti

La speranza

1° dicembre 2008, ore 17:30
Sono in attesa di essere ricevuto dalla persona che mi hanno indicato essere il migliore….. e ti chiedi come sarà l’incontro, cosa e come te lo dirà.

Inconsciamente pensi ad un incontro freddo, distaccato, tra un luminare e tu, un paziente.
Questo perché avviene così molto spesso.
Entro e mi siedo, alla mia destra mia madre alla mia sinistra mia moglie, mi sentivo un bambino ad un esame.
I primi saluti di rito ma già sento un rilassamento interno, ero più mio agio.
Il Professore
Federico Rea del Policlinico universitario di Padova prende il cd, esamina la tac ed esordisce dicendo: sei già in ossigenoterapia 24h?.
Lo guardo e forte della mia laurea internettiana sulla fibrosi rispondo: allora mi sono rimasti 3 anni?
No, è la risposta decisa ma cortese e mi spiega che non è possibile dire con certezza come può procedere la malattia ma dovevo necessariamente evitare di sforzare il cuore e mi conferma la necessità del trapianto.

In definitiva avevo tre alternative:
1) rimanere allo stato attuale senza far nulla in attesa della fine,
2) tentare cure che fossero in grado di fermare la malattia, magari uno o dieci anni senza nessuna certezza e comunque arrivare poi a dover fare il trapianto poiché ancora non esiste cura che faccia regredire questa malattia.
3) lavorare per il trapianto.
Non nego di essermi messo a piangere e non riesco a non pensare al modo in cui il Professor REA mi infondeva serenità.

Il mio primo quesito è stato: parliamo di cifre.
In fondo stavamo discutendo di quello che non avevo trovato in internet.
“10% di mortalità dell’intervento, diciamo il 50% di sopravvivenza a 5 anni ma sono cifre da analizzare a seconda delle patologie e dello stato di salute del paziente al momento del trapianto”
Questa in breve fu la risposta e mi misi a ridere…
Come? un intervento del genere con mortalità quasi di un’appendicite?
La biopsia che avevo fatto era stimata come più pericolosa.

Il mio secondo quesito fu: dopo quanto tempo posso tornare a lavorare?
“in teoria dopo tre mesi”……fu la risposta.
Allora c’era qualcosa che non andava, per un attimo mi sono sentito dentro una candid camera.
Un anno di angosce e alla fine non si parlava di una cosa impossibile ma di una soluzione più facile del previsto?.
Ovviamente venivo messo anche al corrente delle complicanze e dei vari aspetti e avevo risposte a ogni domanda.

Non bisogna essere un matematico per capire la differenza che passa tra il 100% di certezza di morire e il 50% di sopravvivere, soprattutto perché io non avevo nessuna intenzione ne di stare con le mani in mano ne tentare cure che avrebbero si ritardato l’intervento, ma mi avrebbero costretto comunque all’ossigenoterapia continua.
Non ci misi molto a scegliere la busta numero 3.

Non fu proprio liscio come lo racconto ora, piansi anche all’uscita e il viaggio di ritorno fu pesantissimo come i giorni seguenti; il mondo mi era caduto addosso.
Avevo vicino delle persone stupende e riuscivo anche a riassarmi per alcuni momenti.


Ora dovevo necessariamente scendere dalla macchina e sedermi in una scrivania, ma non sapevo come fare.
Il giorno dopo mi chiamò un collega, un amico, che sapeva e a cui non riuscii a nascondere nulla.
Mi diede la forza e l’aiuto per risolvere almeno quell’aspetto in breve tempo ma fu fondamentale come persona per il cammino nelle settimane successive.
Lui e tutto il mio turno. Il 5° turno!!!

Grazie Pierpaolo…….grazie ragazzi.


(io sono quello più brutto, il secondo in piedi partendo da sx...)

Home Page | Perchè... | Chi sono | La malattia | I sintomi | La sentenza | La speranza | Il silenzio | La liberazione | Il presente | La prima chiamata... | Caro Diario... | La donazione | Le battaglie... | Link | Lex | Le nostre storie | Contatti | Mappa del sito


Torna ai contenuti | Torna al menu