Fibrosi Polmonare Idiopatica


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La donazione

Fino ad ora non ho mai affrontato pubblicamente uno dei discorsi più importanti in quella che è la mia situazione e quella di chiunque è in attesa di trapianto.

La donazione.

Credo sia difficile parlarne perché nella quotidianità è uno di quegli argomenti di cui si potrebbe discutere calorosamente per ore, spaziando tra propri pensieri e paure ma, alla fine, chiuso il discorso tale rimane perché subentra il cd. sistema difensivo del “tanto non mi riguarda”.

Una sera, nel corso di una cena in cui presenziavo per lavoro sono dovuto correre assieme al mio collega fino alla pista di un aeroporto a prelevare una equipe medica per un espianto.

Nel viaggio di ritorno i miei occhi sbirciavano continuamente lo specchietto osservando i medici che trasportavo e il loro “contenitore”.

Ancora erano tempi lontani, dove nulla sapevo.

Ero teso, mi facevo tante domande e ammiravo la volontà di quei medici che dopo aver lavorato tutto il giorno e viaggiato, avrebbero dovuto viaggiare di nuovo e lavorare a oltranza senza sosta…fino alla fine.

Ma la mia curiosità era sul contenitore…su quello che voleva dire un espianto, un trapianto e una donazione.
Mi chiedevo come mi sarei posto se fossi stato nelle condizioni di dover donare o ricevere; ricordo la sensazione di malessere, il dispiacere di sapere che una altra vita era finita e sicuramente c’erano persone che piangevano, il crudele “cinismo” di un pezzo di ricambio ma anche la speranza di chi era in attesa per continuare a vivere; tutti aspetti profondi che non hanno mai abbandonato la mia mente e che, nel tempo successivo, ritornavano come flash ma quella sera non ricordo di esser giunto a una conclusione e credo di aver chiuso il discorso perché “tanto non mi riguardava”.

Oggi invece mi ritrovo a dover affrontare in prima persona quel discorso perché…mi riguarda.

Ma non è facile allo stesso modo.

A volte mi è difficile realizzare il mio stato e la previsione di esso e pertanto mi sembra impossibile che proprio io debba ricevere qualcosa da qualcuno che non conosco per poter continuare a vivere.

Non è il sentimento della gratitudine che prevale principalmente, perché forse ancora non è accaduto.

Ho un sentimento diverso, di paura.
Sapere di ricevere un dono così grande vuol dire meritarselo e fare di tutto perché ne sia degno.
Ma vuol dire pensare che qualche madre piangerà, qualche moglie sarà vedova e dei figli orfani….. e di fronte a questo dolore hanno avuto la forza, l’altruismo e la generosità di donare.

Si è vero, non muore per colpa mia.
E mai io vorrei che una persona in vita si sacrificasse anche in parte per me.
Ma i sentimenti e le emozioni non si controllano.

E ora mi sento in colpa, perché non so quale sia la cultura della donazione in Italia, ma so come la vivevo io, con indifferenza, ed oggi mi ritrovo ad averne bisogno.

Vivere la situazione in prima linea, rendersi conto di quello che c’è dietro, di quante persone si prodigano affinché una morte non sia vana, ti apre a un mondo sconosciuto la cui personale indifferenza non te ne fa sentire degno di appartenere……ma non ne puoi fare a meno.


Questo è un articolo di Repubblica.it del 2008....


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