Fibrosi Polmonare Idiopatica


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La liberazione

Ormai ero a casa e un tubo di ossigeno si nasconde difficilmente perciò era inutile continuare un atteggiamento distruttivo.
Negli ultimi tempi avevo iniziato ad aprirmi e la cosa mi faceva stare bene.
Ne riuscivo a parlare poco, non senza emozioni, poi più ne parlavo più riuscivo ad affrontare le giornate.
Dovevo però affrontare l’aspetto emotivo di farmi vedere con il tubo in giro.
La prima volta che ho usato l’ossigeno in pubblico è stato ad un pranzo con amici che erano a conoscenza della malattia; avevo fatto delle scale e non riuscivo a riprendermi così ho sentito la necessità di usarlo.
Ho reagito male, ho pianto, dovevo accettare, ammettere che stavo male.


Ma il problema ero io, perché le persone che mi erano accanto sono state stupende naturali e allora ti rendi conto di quanto sei stupido.
Ma ancora la strada era in salita, dovevo affrontare l’ambiente lavorativo.
Una mattina mi sono venuti a trovare dei colleghi e ovviamente li ho ricevuti con il tubo al naso; è stata la molla che mi ha permesso di affrontare tutto.
Era il regalo più bello che potessi ricevere.
Pochissimi giorni dopo mi sono fatto accompagnare dove lavoravo e ho incontrato tantissimi colleghi.
Ormai lo sapevano quasi tutti.
Sono uscito che ero carico, avevo abbandonato gran parte dei miei fantasmi, mi ero reso conto della solidarietà, dell’affetto e amicizia.
Come se non bastasse il mio amico Pierpaolo aveva creato su internet un gruppo di persone per sostenermi.
Ho avuto tantissime espressioni di solidarietà da persone che conoscevo ma anche da perfetti sconosciuti con i quali ho stretto amicizia virtuale e tutt’ora sto mantenendo i contatti nella speranza che l’amicizia si trasformi reale quanto prima.
Quotidianamente mi incitano ed esortano nel cammino.
E’ difficile poter spiegare quanta forza mi abbiano trasmesso, quanto la loro presenza sia stata fondamentale in momenti di sconforto.

Inoltre con internet avevo conosciuto Fabrizio arrivando alla sua associazione,
A.I.M.I.P. , dove si parlava di malattie del polmone e della ricerca.
Grazie a Fabrizio ho contattato Leo, finalmente una persona che aveva fatto il trapianto e stava bene.

Ma un episodio che ha segnato positivamente e particolarmente il mio percorso è stato conoscere Alberto, un ragazzo che aveva fatto il trapianto a Padova.
Anche lui stava bene e mi ha indicato un sito,
Unione Trapiantati di Polmone dove c’erano tantissime informazioni ma soprattutto testimonianze di chi aveva già percorso questo cammino positivamente.
La speranza e l’ottimismo iniziavano a prendere il posto della disperazione.

Mi preme sottolineare che Alberto l’ho conosciuto tramite un amico, Stefano, al quale raccontai la mia vicenda e mi disse che anche un suo conoscente l’aveva fatto e stava bene facendomi entrare in contatto con lui e non solo; infatti nei giorni seguenti Stefano mi inviava del materiale che confermava quanto detto oltre a dimostrarmi affetto e amicizia.

Questo episodio mi ha fatto capire l’importanza della divulgazione, dell’informazione ma soprattutto la stupidità e il danno a stare in silenzio.


Tutt'ora Alberto è il mio aiuto spirituale, quando sono assalito dallo sconforto mi basta una sua mail per rialzarmi e ripartire.
Grazie Alberto....


Un giorno chiesi a mio figlio Simone di otto anni: “amore mio, ma tu ti vergogni che papà porta il tubo?”.
Si voltò verso di me e con naturalezza rispose senza esitazione “mi vergognerei se mi vergognassi”.
8 anni……aveva appena assestato una randellata nei miei denti e nel mio orgoglio.

Ormai ero partito, volevo che tutti sapessero anche perché così evitavo di dire sempre le stesse cose ma soprattutto vedere i miei amici e conoscenti rimanere di sasso di fronte alla notizia.
Ero arrivato a un buon equilibrio, riuscivo a consolare gli altri.
Questo non vuol dire che non mancassero o manchino momenti di sconforto, ma sono molto meno frequenti e più facilmente superabili.
In tanti mi hanno detto e ripetono “sei molto forte”.
Non lo so, spesso lo dubito ma ho sempre pensato che la mia non sia forza perché non è una scelta ma una condizione indispensabile.
Forte sei quando affronti la più difficile tra varie prove, io non ho alternative.
Ma se è vero che io sono forte o lo sembro e comunque dentro di me ho quella carica che mi fa vedere ora tutto sotto una luce diversa non è merito mio ma delle persone che mi sono state vicino e che lo sono tutt’ora.
Ho avuto così tante dimostrazioni di affetto e solidarietà da chiedermi se lo merito ma sopratutto come poter ricambiare.
Sicuramente ho un debito morale verso chi mi sostiene e non posso permettermi di mollare.

Il presente sono i ricoveri presso il Policlinico Universitario di Padova per gli esami di valutazione che mi hanno fatto accedere alla lista e i successivi controlli periodici,
Come mi è stato detto scherzando da chi ci è passato, “ti rivoltano come un calzino”, è vero, si fanno molti esami ma nulla di trascendentale e doloroso.
A volte ho dovuto chiedere conferma se fosse terminato perché non avevo sentito nulla.

Ed è doveroso un ringraziamento a tutta l’Equipe Medica del reparto di pneumologia del Policlinico Universitario di Padova, diretta dalla
Professoressa Saetta, alla Dottoressa Balestro e a tutti i medici del reparto di Pneumologia, professionalmente all’avanguardia e non di meno sotto l’aspetto umano.
E un grazie anche al reparto di fisioterapia,
al Dottor Braccioni, a Massimo e Stefania fisioterapisti con una pazienza da vendere….. e a tutto il personale infermieristico.
Un particolare pensiero alla dottoressa Federica Battermann, psicologa.
Normalmente sono sempre stato restio alla figura del psicologo ma mi sono dovuto ricredere perchè ho trovato una persona straordinaria le cui parole mi hanno aiutato tantissimo a comprendere e a pianificare il presenre e il futuro.
Purtroppo non si riesce ad imparare i nomi di tutti pertanto non voglio far torto a nessuno omettendo di nominare qualcuno in particolare.
Ma avrò tempo di farlo, perché Padova è ora la mia seconda casa….
Stò scoprendo che il percorso per un trapianto è lungo ma con l'assistenza, la professionalità e la vicinanza che ho "provato" risulta tutto molto più semplice.
Può sembrare assurdo ma quando so che devo ricoverarmi non sono affatto dispiaciuto perchè so, nonostante il posto sia pieno di sofferenti, di andare in "una famiglia".

Ed è in questi posti, vedendo chi soffre più di te, sapendo di giovani che hai incontrato e ora non ci sono più o peggio vedere bambini star male che senti il dovere di non mollare, di startene in silenzio e sperare più per altri che per te.
E non puoi che ringraziare quotidianamente il medico che ti visita, l'infermiere che ti somministra le medicine, l'operatore sanitario che ti accompagna in carrozzella a fare un'analisi in un altro reparto, perchè fanno qualcosa di straordinariamente eccezionale e non conta che lo facciano per lavoro e che sono pagate per quello. Lo fanno e basta.
Quando poi ci mettono passione allora ti senti veramente grato e maledici chi specula sulle malattie.



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